Si è concluso il 23 novembre a Bari il corso nazionale AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri) che ha riunito oltre 200 gastroenterologi italiani in un confronto scientifico sulla terapia delle malattie dell’apparato digerente. Uno dei principali punti chiave emersi è stata la conferma della “superiorità” della dieta mediterranea rispetto alle altre diete specifiche, proposte in varie situazioni cliniche.
“Quando in gastroenterologia parliamo di terapia, mettiamo in campo un percorso a più livelli di cui il gastroenterologo diventa il regista: un approccio farmacologico, ma anche interventistico-chirurgico ed endoscopico; non ultimo un approccio nutrizionale e sullo stile di vita. – ha sottolineato il Dr. Gioacchino Leandro Direttore presso l’Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale “IRCCS” di Castellana Grotte (Bari).– Lo stile di vita mediterraneo, i cui effetti benefici sono noti da oltre 30 anni, resta il modello ideale da perseguire. Oggi assistiamo ad una continua rincorsa a diete “spot”, alle cosiddette diete “senza”, basate sull’esclusione di una o più categorie di alimenti. Niente di più sbagliato. – continua Leandro – La dieta mediterranea è ricca di alimenti ad azione pre-biotica e di fibre solubili quali l’inulina, metabolizzata dal probiota con produzione di butirrato, sostanza anti-infiammatoria. Negli ultimi anni la comunità scientifica internazionale ha dimostrato che l’aderenza alla piramide alimentare mediterranea è associata alla normalizzazione del microbiota intestinale e alla regolazione dei geni che controllano l’infiammazione. Mi riferisco in particolare allo studio “PRE-DI-MED”, Prevenzione con Dieta Mediterranea, del 2018. Numerose diete “senza” tendono a escludere cibi contenenti inulina, con conseguente sviluppo nel tempo di un pattern infiammatorio e sono quindi da mettere al bando con decisione.”
Da queste considerazioni nasce il richiamo dei gastroenterologi italiani a riscoprire la dieta mediterranea, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, che stiamo colpevolmente perdendo, a vantaggio di uno stile di vita occidentale, assolutamente dannoso.
Le relazioni presentate da specialisti e docenti durante il corso nazionale AIGO hanno sottolineato alcuni aspetti, che trovano conferma in una review pubblicata lo scorso 19 novembre 2019 sulla rivista scientifica internazionale “Nutrients” a cura di un gruppo di ricercatori spagnoli. Questo studio ha focalizzato la sua attenzione sui due cibi fluidi che fanno parte della piramide alimentare, il vino rosso e l’olio extravergine di oliva. Entrambi contribuiscono all’effetto protettivo anti-ossidante e anti-infiammatorio, con miglioramento dell’assetto lipidico, dell’insulino-resistenza e del rischio aterosclerotico, sia nella popolazione generale sia in soggetti con fegato grasso e sindrome metabolica. L’olio extravergine di oliva e il vino rosso sono infatti ricchi di polifenoli, che svolgono un’azione antiossidante, e di alcune sostanze peculiari come gli acidi grassi mono e poli-insaturi (olio di oliva) ed il resveratrolo (vino rosso): quest’ultima sostanza ha richiamato molto l’attenzione dei ricercatori in quanto è in grado di promuovere la conversione del tessuto adiposo bianco in tessuto adiposo bruno (che è quello metabolicamente attivo) mimando l’azione della restrizione calorica e dell’esercizio fisico, soprattutto se assunto nelle ore serali.
“I polifenoli degli alimenti della dieta mediterranea hanno fra di loro un’azione sinergica, tanto che se utilizzati singolarmente come farmaci non funzionano. – ha aggiunto il Dr. Leandro – Durante il corso abbiamo preso in rassegna gli aspetti terapeutici di molte patologie, come ad esempio la sindrome metabolica e il fegato grasso, vera e propria epidemia del mondo occidentale: in queste situazioni la dieta mediterranea si è dimostrata addirittura più efficace di un regime alimentare a basso tenore di grassi. Inoltre abbiamo mostrato come mediante alcuni accorgimenti, come l’uso di un estrattore di succo, la dieta mediterranea risulta essere il miglior regime anche in situazioni cliniche in cui l’elevato apporto di fibre potrebbe renderne più problematica l’applicazione. E’ il caso delle patologie infiammatorie croniche intestinali e della malattia diverticolare in fase sintomatica, poiché consente di non far mancare proteine e vitamine utili in un soggetto che spesso rischia la malnutrizione”.
Infine una ulteriore considerazione sul vino. “La dieta mediterranea raccomanda il consumo giornaliero di 1-2 bicchieri di vino rosso ai pasti, che secondo alcuni studi avrebbero effetti positivi, addirittura superiori rispetto alla astensione assoluta da alcool. La relazione fra consumo di vino e rischi sulla salute ha però una forma ad “U”: per basse dosi (quelle raccomandate) è evidente l’effetto protettivo, ma il rischio sale vertiginosamente all’aumentare della quantità assunta. L’invito quindi è ad un uso consapevole”, ha concluso Leandro.