Il dado da brodo è da tempo immemore presente nelle cucine di tantissime persone. Prodotto che si è evoluto notevolmente nel corso del tempo, con una direzione che si contraddistingue per la riduzione del ricorso agli additivi – non è un caso che, oggi come oggi, siano sempre più popolari i dadi per brodo senza glutammato – ha alle spalle una storia a dir poco affascinante.
Cosa aspetti a scoprirla?
Come è nato il dado da brodo
I dadi da brodo hanno iniziato a veder crescere la loro popolarità attorno al secondo dopoguerra, quando i grandi produttori hanno cominciato, con lo scopo di esaltare la sapidità, ad aggiungere glutammato.
Come già detto, con il passare del tempo le cose sono cambiate e il ricorso al glutammato è stato abbandonato con l’idea di proporre sul mercato prodotti alimentari non rischiosi per la pressione e per la salute cardiovascolare.
La storia del prodotto, nonostante quello che molti credono, non è nata in seno a grandi aziende come la Star e la Liebig. A loro si deve, più che altro, la diffusione del dado sul mercato di massa.
Per raccontare il percorso che lo ha portato sulle tavole di milioni di persone, è necessario fare un grande salto indietro nel tempo e parlare del ruolo dei brodi nella nutrizione umana.
Queste preparazioni possono essere definite, a ragione, come qualcosa che, in tempi antichi, era a dir poco innovativo, nonché adatto alla cucina povera, soprattutto tra le popolazioni nomadi.
Soprattutto queste ultime, nel corso dei secoli hanno cercato più e più volte di rendere le zuppe e i brodi dei piatti da conservare e da consumare al bisogno.
La svolta in Gran Bretagna
La svolta per la storia del dado da brodo è però arrivata dagli antichi libri di cucina britannici – siamo nel XVII secolo – con la proposta di veri e propri precursori dell’attuale dado (non vegetale).
Per dare una data specifica, ricordiamo il 1694, anno in cui è stato pubblicato il volume The Receipt Book of Mrs. Ann Blencowe.
Tra le pagine di questo libro, colei che è considerata una delle madri della gastronomia contemporanea raccomanda di mettere a bollore una coscia di vitello.
Dopo aver proceduto alla sua riduzione nel brodo, la si lascia raffreddare, per poi avvolgerla nella carta e avere la possibilità di conservarla a lungo.
Quelle che, di fatto, possono essere definite ricette di zuppe portatili si sono evolute tantissimo negli anni successivi, diventando protagoniste di trattati con ricette che hanno affascinato un grande come Napoleone Bonaparte, che considerava la zuppa un alimento fondamentale per il suo esercito.
La rivoluzione di Justus von Liebig
Il cambio di passo nella storia del dado da brodo è arrivato nel 1847, con l’invenzione rivoluzionaria, da parte di Justus von Liebig, chimico, di un metodo di lavorazione che ha permesso di passare dalla carne bovina solida a un estratto.
Quest’ultimo è considerato, ad oggi, l’antenato del dado da brodo. Ai tempi veniva impiegato come alimento base, fondamentale in tantissime cucine nel XIX secolo.
L’innovazione del dado vegetale
Oggi prodotto amatissimo sulla scia della sempre più importante ricerca di un’alimentazione salubre, il dado vegetale è stato inventato a metà del XIX secolo.
Il suo antenato è frutto della creatività dello chef francese Alexis Soyer. Intenzionato, nelle vesti di volontario dell’esercito nel corso della guerra di Crimea, a migliorare la qualità della zuppa portatile proposta ai soldati, ne ideò una versione a forma di panetti che, al primo sguardo, ricordavano una torta.
Gli ingredienti? Residui tritati ed essiccati di carote, rape, radice di pastinaca, cavolo, sedano e aromi.
Il successo fu grande e i soldati apprezzarono molto di più questa versone della zuppa rispetto a quella caratterizzata dalla presenza di carne.